venerdì 23 settembre 2011

La sconosciuta

-Se fossi un poliziotto ti chiederei di aprire la valigia, dal peso si direbbe che tu ci abbia infilato un cadavere a pezzi!-
La ragazza rise di gusto a quella vecchia battuta; avevano affrontato un lungo viaggio insieme, ma soltanto al momento di scendere Gastone aveva trovato il coraggio di rivolgerle la parola con la scusa di aiutarla con il bagaglio: lei era una di quelle femmine talmente belle da intimorire anche il più spietato uomo cacciatore, figurarsi Gastone che cacciatore non lo era mai stato.
-Visto che per mia fortuna (rise ancora) non hai deciso di fare il poliziotto, di cosa ti occupi?-
Scesero dal treno lentamente, il peso della valigia era davvero eccessivo per Gastone, che tuttavia cercava di non darlo a vedere. Completamente rosso in viso, posò la valigia a terra e chiese alla ragazza se dovesse prendere la metropolitana o se ci fosse qualcuno ad aspettarla.
-Non mi attende nessuno, vorrei prendere un taxi.-
Questo significava almeno altri settecento metri con la valigia della ragazza: nell'era del trolley, aveva incontrato l'unica donna che viaggiava con la valigia senza rotelle. Il pensiero della fatica che avrebbe fatto era mitigato dalla gioia di passare ancora qualche minuto con lei, anche se sapeva che difficilmente avrebbe avuto il coraggio di domandarle quali fossero i suoi piani per la serata ed eventualmente entrare a farne parte.
Si incamminarono verso il parcheggio dei taxi.
-Scrivo...-
-Oh che bello, sei uno scrittore!-
Alzò la mano per placare l'entusiasmo della ragazza.
-Lasciami finire... Scrivo manifesti funebri.- Abbassò lo sguardo mentre sentiva le orecchie avvampare.
Lei non riuscì a nascondere l'imbarazzo. Gastone ebbe un moto di riscossa e riprese a parlare.
-Beh in fondo molti grandi scrittori trattano di morte no, il mio è solo un punto di vista differente! (rise) In realtà scrivo molto nel tempo libero, ma a quanto pare non ho abbastanza talento per viverci, almeno stando alle opinioni delle case editrici; per cui lavoro nell'agenzia funebre di mio zio. All'inizio mi spediva ai funerali ma non riuscivo a rimanere serio: ridevo o piangevo. Non ti dico come guardano male un becchino che se la ride al funerale di uno sconosciuto! Così sono riuscito ad ottenere il mio ruolo attuale, definiamolo editor di annunci mortuari, cosa che non richiede talento ma che mi evita un sacco di figuracce, a patto ovviamente di parlarne il meno possibile. Per tentare di risollevare le mie sorti, tento sempre di inserire un elemento originale nei manifesti, per alleviare la banalità della morte.-
Lei sorrise di nuovo.
-Potresti farmi un piccolo esempio? Proprio non riesco ad immaginare un manifesto funebre originale!-
-Vedi non riesco ad improvvisare, devo sapere qualcosa del morto per poter scrivere qualcosa di efficace.-
-Beh ma ne ricorderai uno di quelli che hai scritto...-
-A dire il vero no, sono frutto dell'ispirazione, se possiamo dire così; una volta scritti li consegno a mio zio e butto la brutta copia, dopodiché cerco di dimenticarli, nonostante tutto la banalità della morte ha ancora un certo influsso su di me. Ma se resti in città per un po' fai attenzione ai manifesti in giro, i miei li riconoscerai di sicuro!-
Erano arrivati alla stazione dei taxi; esausto, Gastone si preparava al classico commiato: grazie per la valigia, è stato un piacere ecc. La banalità della vita.
-Magari potresti farmi vedere qualche tuo vecchio manifesto in giro stasera, se non hai impegni, una moglie o una fidanzata...-
Impiegò qualche secondo a realizzare che quello era un invito ad uscire, qualche altro per essere assolutamente certo di non aver dimenticato mogli o fidanzate, ancora qualcuno per riprendere fiato.
-Sono libero stasera (balbettò), dove passo a prenderti?-
Lei gli diede il biglietto dell'hotel dove alloggiava, mentre fermava delicatamente un taxi alzando il braccio, movimento che mise in evidenza il seno scultoreo. Il tassista faticò non poco a caricare la valigia mentre lei saliva in auto. Gastone la osservò sedersi sul sedile posteriore, si imbambolò di fronte allo spettacolo della gonna che, ritirandosi lentamente, lasciava scoperte le cosce snelle ed asciutte che sembravano implorare di essere toccate. Lei lo salutò con un cenno appena percettibile della mano, mentre lui si sbracciava. Il taxi aveva percorso qualche metro quando Gastone realizzò di non aver concordato un orario; corse verso l'auto, fece cenno alla donna di abbassare il finestrino e le disse che sarebbe passato alle venti e trenta.
-Va benissimo (sussurrò).- Un lieve sorriso riuscì nell'impresa di renderla ancora più bella. E nella profondità dei suoi occhi si sarebbe perso anche l'infinito dell'universo.
Mentre si allontanava si chiese cosa avrebbe potuto scrivere Gastone se gli avesse raccontato la storia del suo ex ragazzo, che riposava a pezzi nella valigia.

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